domenica 9 dicembre 2012

L'assistenza domiciliare. Mancanza di servizi e necessità di supporto familiare

Il Coordinamento nazionale famiglie disabili gravi e gravissimi attraverso il proprio sito (http://www.famigliedisabili.org/wb/ ) ha indetto una campagna promozionale a favore del riconoscimento dello status di Caregiver familiare per tutti quei soggetti che assistono un familiare in situazione di gravità.

L'iniziativa del Coordinamento, che sta avendo una certa eco anche nella stampa, mi sembra rappresenti una notizia sulla quale vale la pena approfondire.
Secondo una elaborazione Censis su dati eurostat del 2009, in Italia la spesa annua procapite per la protezione sociale di malati e disabili gravi è pari ad € 438,40. Molto inferiore rispetto ad altri paesi europei: in Svezia è di € 1.425, nel Regno Unito di € 754, in Germania supera gli € 700.
Se si approfondisce ulteriormente il dato italiano, scopriamo che dei 438,40 euro che rappresentano la nostra spesa pro-capite, il 94,8% è rappresentato da contributi economici, e solo una parte irrisoria (€ 22,70) viene dato in servizi e prestazioni.
Ovviamente, nel resto dei paesi presi in considerazione non è così. In Svezia i servizi rappresentano il 49%, in Germania quasi il 36%.

Sono dati che rafforzano l'idea di una forte mancanza nell'offerta di servizi e prestazioni per la disabilità o comunque per patologie gravi nel nostro Paese. Per ovviare a questa carenza cronica, si è costretti a sostenere le famiglie (sempre in maniera molto parziale) attraverso dei contributi economici che solo in parte riescono a risolvere i problemi.

A rimarcare questa riflessione, un altro dato del Censis evidenzia che nel 56% dei casi è solo la famiglia ad occuparsi del malato.
Nel territorio si è cercato di ovviare al problema rinforzando le politiche a favore della domiciliarità. In questo contesto si fronteggiano da tempo due distinte opinioni. La prima, favorevole, è che il restare nella propria casa garantisce al malato un sollievo psicologico rispetto alla propria condizione.
La seconda, avversa, sostiene che l'istituto della domiciliarità permette di contenere la spesa che invece si dovrebbe sostenere per la nascita di servizi ad hoc e per i posti letto in strutture idonee.

Molte Regioni hanno avviato sperimentazioni relative all'Assegno di cura, un sostegno economico per chi assiste il malato gravemente non autosufficiente presso il proprio nucleo familiare. Anche in questo caso i dati vedono una buona riuscita della proposta, in quanto è ovvia una forte necessità economica da parte delle famiglie.
Questo però non deve distogliere dalla necessità di creare servizi. Non è possibile lasciare al familiare tutto il peso dell'assistenza, ed al contempo certe prestazioni non possono essere svolte esclusivamente nelle mura domiciliari.

Si deve incentivare pertanto la nascita di strutture idonee. Nel frattempo, è giusto aderire alla campagna del Coordinamento delle famiglie dei disabili per riconoscere all'assistente familiare il ruolo effettivo di caregiver, attraverso il prepensionamento ed una remunerazione specifica e maggiormente premiante.

Ma accanto a questa politica, deve nascere una forte rete di servizi.

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