martedì 23 aprile 2013

Crescono le esperienze di welfare aziendale



Il boom economico degli anni sessanta, tra le tante innovazioni portate al paese nei settori economici e sociali, rimane nell’immaginario collettivo dei servizi sociali per l’attuazione del cosiddetto welfare aziendale. Nascevano così il nido per il figlio del dipendente, con orario articolato su apertura e chiusura della ditta, i negozi convenzionati, il regalo di Natale o dell’Epifania (che i nostri genitori chiamavano Befana aziendale), la mutua aziendale.

Questo modello di welfare sembrava essere definitivamente tramontato, basti pensare alla costruzione dei nidi di infanzia avvenuta sino al periodo pre-crisi.
Adesso, con la morsa stringente della crisi economica che ha indubbiamente contratto le risorse pubbliche si sta tornando al welfare aziendale.

Ad aprire la strada sono i grandi gruppi industriali, che cercano di supplire alle carenze dell’offerta pubblica. Parimenti a quanto accade nel welfare state, la mancanza di una legislazione circa i servizi essenziali si ripercuote anche nelle scelte delle aziende, con la nascita di servizi diversi offerti ai dipendenti.

Il gruppo farmaceutico lombardo Bracco offre assistenza domiciliare ai familiari non autosufficienti dei dipendenti. La Luxottica ha investito in maniera massiccia in questo secondo welfare e prevede facilitazioni sanitarie, convenzioni per l’uso di mezzi di trasporto, aiuti per l’istruzione scolastica dei dipendenti e dei loro familiari.

Non mancano visioni ed offerte singolari, che poco attengono al welfare nel senso di intervento sociale ma riguardano l’individuo nel suo complesso, inteso anche il tempo libero. La Whirlpool di Varese organizza corsi che insegnano i rudimenti dell’orticoltura, dalla preparazione del terreno alla cura dell’insalata. In cattedra il titolare di un’azienda agricola del Varesotto.
Alla Tetra Pak di Modena, nella pausa pranzo, una counselor tiene degli incontri con le gestanti, che le aiuti nella gestione della maternità e del successivo ritorno al lavoro.

Si potrebbe obiettare: non converrebbe per i dipendenti monetizzare in busta paga questi corsi? In realtà questi servizi legati al mondo del welfare godono di esenzione fiscale, e pertanto non viene nemmeno preso in considerazione di legarli ad un aumento dello stipendio.

Per chi volesse approfondire:




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